martedì 19 giugno 2012

Simbolismo politico e "grillismo"


SIMBOLISMO POLITICO E "GRILLISMO"

George Berkeley ritratto dal pittore John Smybert
Esse est percipi: “essere vuol dire essere percepito”. La celebre formula di George Berkeley (1685-1753) afferma che, se ci atteniamo all’esperienza immediata, dobbiamo concludere che noi esseri umani conosciamo solo le nostre percezioni, non gli oggetti che potrebbero causarle.
Anzi, diceva Berkeley, oggetti non ne conosciamo mai; eppure è universale la credenza che esista un mondo reale, esterno alle nostre percezioni. Credenza assurda, secondo il filosofo irlandese, perché le percezioni sono nel soggetto che le percepisce, non fuori di lui, in un ipotetico substratum materiale. Insomma, il buon vescovo di Cloyne, professore ad Oxford, la pensava come Prospero di Shakespeare, secondo il quale “noi siamo della natura di cui sono fatti i sogni, e le nostre piccole vite sono cinte da un grande sonno”. La realtà materiale non esiste, è un inganno dei sensi, un’universale, menzognera credenza.

Perché questo inizio dedicato ad un filosofo di 3 secoli fa? Perché la politica in una società di massa può essere illustrata bene dalla formula di Berkeley: i messaggi politici possono essere complessi e razionali finché si vuole, possono essere ispirati a complicate argomentazioni scientifiche o avere come obiettivo la realizzazione di “corposi” programmi, ma ciò che spinge milioni di elettori a scegliere raramente sono questi motivi; sono, piuttosto, i simboli. Ciò che l’uomo comune percepisce, che sia o meno parte di un corposo programma, è ciò che lo induce a scegliere. Il “percepito”, non il “reale” è la causa della sua scelta. I simboli, perciò, in politica sono importanti, perché si diffondono più rapidamente di un programma di 300 pagine, perché sollecitano le emozioni e vincolano le volontà, perché sono capaci di suscitare rabbia o gioia, odio o amore.

Georges Sorel

Lo aveva compreso bene Georges Sorel (1847-1922) il quale, nelle Riflessioni sulla violenza (1908), affermò che il mutamento storico è generato dalla violenza proletaria, il cui momento culminante è lo sciopero generale. Ma quest’ultimo, secondo Sorel (il cui pensiero influenzò molto anche Mussolini), non andava inteso come un mezzo per raggiungere obiettivi concreti e determinati, ma come un mito capace di suscitare l’azione: lo sciopero generale è “un complesso di immagini – scrisse Sorel - capace di evocare con la forza dell’istinto tutti i sentimenti che corrispondono alle diverse manifestazioni della guerra ingaggiata dal socialismo contro la società moderna”. Agitare il mito dello sciopero generale, come fosse un evento palingenetico, produce più risultati che organizzarne uno vero per un obiettivo concreto come, ad esempio, l’aumento salariale.
Manifesto di propaganda per il primo sciopero generale
della storia d'Italia, avvenuto nel settembre 1904

La politica è quindi fortemente collegata alla comunicazione e allo stile del linguaggio utilizzato in essa, specie in una società di massa dove gli elettori da convincere sono decine di milioni. Il linguaggio, costituito da un sistema di segni (parole, immagini, suoni, gesti ecc.) è sempre evocativo. Perciò per gli elettori italiani che lo sceglieranno alle prossime elezioni (sembra, ormai, il 20% dell’elettorato) la “mascotte” Grillo è più importante del programma del Movimento 5 stelle, programma che, come riconoscono i suoi stessi sostenitori (vedere in questo blog il commento anonimo al mio post del 6 giugno), probabilmente la maggior parte dei potenziali “grillini” non conosce neppure.


Del resto anche per gli altri partiti la questione è identica. Qualcuno è così sprovveduto da ritenere che “i programmi corposi” siano un’invenzione del Movimento 5 stelle e che appartengano solo a questo? Si veda il programma del Pd per le elezioni del 2008 (http://www.partitodemocratico.it/allegati/impProgrammaPD_26-0245315.pdf). Corposo e denso. Forse persino consonante, in alcuni punti, con quello di Grillo. E che dire di quello del Pdl presentato alle stesse elezioni (http://www.elezioni-italia.it/elezioni-2008/programma-pdl-2008.asp)? Forse meno lungo, ma ugualmente impegnativo e denso. Eppure, c’è da giurarci, non tutti gli elettori di questi partiti allora conoscevano a fondo i programmi che stavano votando. Destino della politica: vorrebbe produrre una realtà concreta (il programma), ma ottiene il consenso per la forza dei suoi simboli, non dei propri argomenti.

Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), eletto presidente
degli Usa nel 1932, 1936, 1940 e 1944.

Alcide De Gasperi (1881-1954) presidente del Consiglio dei
ministri dal 1945 al 1953
Certamente le idee e gli argomenti contano: se non ci fossero per niente, se ci fossero solo simboli e miti, se ci fosse solo emozione, prima o poi l’elettore se ne accorgerebbe e revocherebbe il suo consenso. Roosevelt utilizzò la propaganda anche in modo spregiudicato, ma ebbe idee e progetti concreti da realizzare, tanto da essere eletto ben quattro volte alla carica di Presidente degli Stati Uniti; De Gasperi utilizzò toni da guerra fredda nella campagna elettorale del 1948 (come i suoi avversari, del resto), ma ebbe chiarezza di idee circa quel che serviva alla nazione in quel momento storico. Le recenti vicende di Berlusconi e di Bossi, invece, sembrano dimostrare il contrario: molte clamorose proposte provocatorie, molti annunci, spesso molte sparate, ma pochissimi risultati. Suscitare tante emozioni e tante aspettative per poi non realizzare nulla o quasi non è un buon modo per ottenere di nuovo il favore degli elettori. 

Gianroberto Casaleggio, presidente e
fondatore della Casaleggio Associati 
Cosa accadrà con il movimento di Grillo nessuno, ovviamente, può dirlo ora. Mi sembra però che, fin da ora, si possa affermare che per un movimento come il suo, del quale ancora non si sa nulla riguardo a come governerà, se governerà; per un movimento del tutto nuovo come il suo che si presenta agli elettori per la prima volta, i miti e i gesti, i simboli e le mascotte contano molto più dei programmi. Lo sa lo stesso Grillo che, com’è noto, si serve di un esperto di marketing e di comunicazione pubblicitaria come Gianroberto Casaleggio (vedere, ad esempio, http://www.corriere.it/politica/12_maggio_25/parma-pizzarotti-grillo-alberti_a7006b6c-a629-11e1-adca-f1e67e46c97e.shtml).


Miti, simboli, linguaggi. Sono queste le realtà percepite dall’elettore. Esse est percipi. Quanto più il linguaggio è ingombrante, tanto meno, purtroppo, contano i programmi: più le sparate sono grandi e grossolane, più i programmi restano in ombra, anche se corposi e impegnativi. Può darsi che Grillo sia quel che ci vuole per l’Italia di oggi; può darsi che sia proprio lui l’uomo che ci salverà dal baratro; ma ciò che comunica il suo linguaggio a me sembra meno rassicurante. Ma forse è proprio questo che oggi il 20% degli italiani vuole: non messaggi rassicuranti, ma la promessa di un profondo e devastante terremoto politico e sociale. 

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina