Le novità di questi giorni: le primarie del centro-sinistra.
Le proteste studentesche
Mentre il lavoro mi teneva inchiodato alla scrivania e lontano
dal mio blog per diversi giorni, sono accadute in Italia due cose meritevoli di
attenzione: le primarie del centro-sinistra; le manifestazioni studentesche (e
in genere della scuola) contro la legge di stabilità e, soprattutto, contro il
ddl 953, meglio noto come “ex-Aprea”. Alle due questioni dedicherò questo post
e, tra qualche giorno, il prossimo.
1. Le primarie del centro-sinistra. L’esperienza delle primarie “all’americana”
si sta radicando nel nostro paese, e questo è un bene. La selezione dei
candidati (alla carica di Primo ministro o a quella di sindaco di una città) all’interno
di uno schieramento politico giova alla chiarezza ed evita il frazionamento
eccessivo delle forze in competizione. Ma queste primarie hanno rivelato qualcosa
di più. Hanno rivelato una profonda differenza tra il centro-sinistra e il
centro-destra. Il PD e in genere il centro-sinistra, dall’Idv a Sel, hanno saputo
creare nel tempo una classe dirigente, una leadership attorno alla quale si
coagulano interessi, posizioni politiche, scelte ideali. Dopo la fine della
Prima Repubblica e la crisi del sistema dei partiti che l’ha accompagnata,
questa è la notizia più positiva: c’è una classe politica che sta risorgendo
attorno alla leadership del centro-sinistra, un ceto politico, in parte nuovo
in parte meno, che sta ricostruendo la propria credibilità, passo dopo passo.
Il centro-destra, invece, versa in una crisi di leadership,
come dimostrano gli eventi di questi ultimi giorni: le polemiche interne sull’opportunità
di effettuare le primarie (Alfano le vuole, Berlusconi ha più volte opposto il
veto), l’eccessivo numero di candidature (se non sbaglio lunedì scorso si era
giunti a undici candidati: vedi sky.it), le accuse reciproche tra i candidati
di essere più o meno fedeli al capo, di essere più o meno presentabili… Il
centro-destra in quasi 20 anni di vita non ha saputo creare una classe
dirigente capace di continuare l’attività politica dopo il ritiro o la
delegittimazione del suo fondatore, Silvio Berlusconi. L’unica classe politica
con un certo seguito e una certa autonomia dal Cavaliere è quella che proviene
da An che, infatti, sta cercando in questi giorni di prendere in mano la guida
del Popolo delle libertà. Per il resto attorno a Berlusconi c’è solo il
deserto: non un solo uomo o una sola donna del PdL hanno forza a sufficienza
per affermarsi nel partito, poiché tutti sono stati più o meno imposti dal
Capo, nessuno può vantare una propria autonoma legittimazione politica. La
vicenda delle primarie del PdL sta rivelando a tutti gli italiani ciò che molti
sapevano già da tempo: che il partito di Berlusconi è un “partito di plastica”,
un partito finto, in toto dipendente da un solo uomo, senza una vera base e,
quindi, senza una vera classe dirigente interna.
Anche alla luce di ciò, è tanto più encomiabile ciò che il PD
è riuscito a fare: il processo di selezione del candidato attraverso le
primarie che il partito ha avviato dimostra non solo, come dicevo, che esso è
dotato di una ceto dirigente, ma anche che sa mettere in moto i meccanismi per
il rinnovamento dei vertici. Tuttavia, secondo il sottoscritto, solo Matteo Renzi
rappresenta appieno questo rinnovamento: Renzi è giovane, meno connotato
ideologicamente rispetto a Bersani e a Vendola, pronto a ragionare sui problemi
attuali senza preclusioni ideologiche e, soprattutto, non cerca nelle ideologie
del passato la propria legittimazione politica. In questo senso un confronto tra
il programma di Renzi e quello di Vendola dovrebbe chiarire le idee anche al
più scettico.
Detto questo, mentre esprimo il mio favore nei confronti del
sindaco di Firenze, devo manifestare subito un timore: se Renzi non vincerà il
ballottaggio del prossimo 2 dicembre (e ciò è probabile, dati i risultati che in
queste ore vengono resi noti), che ne sarà del suo pur coraggioso tentativo di
rinnovare il centro-sinistra e la politica italiana? Se Renzi sarà sconfitto
gli resteranno solo due possibilità: o rimanere nel partito piegando la testa,
o uscire dal partito fondando l’ennesimo “cespuglio sotto la Quercia” per
occupare un piccolo spazio nell’affollato centro-sinistra nazionale. Francamente
non saprei quale delle due scelte consigliargli, ma certo è che il suo
tentativo di rinnovamento rischia di naufragare in entrambi i casi.
Se invece dovesse
vincere, esito poco probabile ma non impossibile, credo che non sia così
difficile prefigurare la vittoria del centro-sinistra alle elezioni politiche della
prossima primavera: Renzi sarebbe la persona giusta per rassicurare il ceto
medio e i delusi del centro-destra, ma allo stesso tempo garantirebbe l’impegno
per una seria politica riformista. Inoltre potrebbe convincere anche coloro che
a tutt’oggi hanno creduto e stanno ascoltando la sirena populista di Grillo,
poiché Renzi appare fuori dai giochi della casta, insomma potrebbe venir
percepito come un politico pulito e per bene anche da quanti vorrebbero
distruggere ogni ceto politico. Per il centro-destra Renzi sarebbe un avversario temibilissimo. Di questo
si è accorto lo stesso Berlusconi che, proprio oggi, ha affermato: “con Renzi
potrebbe nascere la forza socialdemocratica” (vedi notizia di qualche ora fa
sul portale ADNKronos).
Un complimento? Sì, certo, se ad esprimersi così fosse
stato un altro personaggio della nostra politica (che so, Di Pietro o Casini),
non se queste parole provengono dall’uomo più odiato dal “popolo di sinistra”.
Cosa penseranno gli elettori di Vendola e della Puppato sentendo che Berlusconi
tifa Renzi? Penseranno che al ballottaggio è meglio votare per Bersani. Credo
che questo ragionamento l’abbia fatto anche il Cavaliere il quale, sapendo
quale pericoloso avversario sarebbe Renzi alle elezioni politiche, con la sua
uscita odierna ha praticamente consegnato a Bersani la leadership del
centro-sinistra. In queste ore persino i vendoliani si staranno complimentando con
Berlusconi. (1-continua)
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