martedì 22 gennaio 2013

Il discorso inaugurale di Obama.


L’emozione dei valori



Emozionante. Il discorso pronunciato il 21 gennaio da Barack Obama per la cerimonia del giuramento è stato emozionante. Chi volesse risentirlo può trovarlo nel sito del Washington Post, con video e testo scorrevole (ringrazio mia figlia Ilaria per avermi segnalato il link). Quanti politici nostrani sarebbero capaci di toccare così profondamente l’animo degli ascoltatori come ha fatto Obama? Quanti sarebbero capaci di evocare i valori di “padri fondatori” vissuti oltre 200 anni fa, senza cadere nel ridicolo? Quanti politici, qui in Italia, sarebbero capaci di evocare Dio come creatore dell’uguaglianza e della libertà degli uomini, senza essere accusati di essere dei clericali reazionari? Quanti, infine, sarebbero capaci di affermare che la forza impiegata in molti scacchieri del mondo è servita per ricondurre in quei luoghi il governo della legge e del diritto, senza sentirsi accusare di essere degli ipocriti guerrafondai al servizio delle multinazionali? Il Presidente degli Stati Uniti d’America ha, ancora una volta, dimostrato di essere l’unico leader occidentale in grado di affermare, con voce alta e forte, il ruolo delle idee e dei valori in politica, senza temere critiche, senza temere conflitti.


Tra le tante questioni affrontate nel suo discorso (dalla riforma della Sanità alle sfide che attendono gli Americani nei prossimi anni; dal riscaldamento globale alle sofferenze inflitte al suo popolo dalla crisi; dalle responsabilità che si devono sostenere per garantire un futuro migliore ai figli, alla necessità di rafforzare la ricerca e la formazione), vorrei soffermarmi solo sulle due che mi hanno colpito ed emozionato di più.

In un passo del discorso, insistendo sulla necessità di restare uniti per affrontare i problemi del prossimo futuro, Obama ha detto che in passato gli Americani hanno deciso insieme “che una moderna economia richiede ferrovie ed autostrade per commerciare e viaggiare velocemente, scuole ed università per preparare i lavoratori”; insieme gli Americani “hanno compreso che il libero mercato può prosperare solo quando ci sono regole e garanzie di leale e corretta competizione”; insieme gli Americani “hanno deciso che una grande nazione deve tutelare i deboli e proteggere la popolazione dai peggiori pericoli e dalle peggiori calamità della vita”. Ma, ha proseguito Obama, allo stesso tempo gli Americani insieme, tutti quanti, non hanno mai abbandonato lo scetticismo nei confronti dell’autorità centrale (we have never relinquished our skepticism of central authority”), e non hanno mai ceduto all’illusione che i mali delle società possano essere curati solo dall’intervento dello Stato e del governo (“nor have we succumbed to the fiction that all societies ills can be cured through government alone”): lo spirito di iniziativa e di impresa, l’insistenza sul duro lavoro e sulla responsabilità personale sono i tratti distintivi del carattere degli Americani (“Our celebration of initiative and enterprise, our insistence on hard work and personal responsibility, these are constants in our character”). Sono valori condivisi da tutti gli Americani. Chi, in Italia, avrebbe potuto dire altrettanto senza essere accusato di essere una “mosca cocchiera del capitalismo”?


Secondo passaggio. “Noi – ha affermato Obama – sappiamo di essere fedeli alle nostre convinzioni quando una bambina nata nella più nera povertà sa di avere la stessa possibilità di successo di tutti gli altri perché è un’americana, è libera, è uguale non solo davanti agli occhi di Dio, ma anche dei nostri”. Chi, in Italia, avrebbe potuto dire altrettanto senza cadere nel ridicolo? Non solo perché da noi queste parole sarebbero cinicamente accolte come enfatiche e sentimentali, ma soprattutto perché in Italia una bambina nata nella più nera povertà sa di non avere le stesse possibilità degli altri italiani, non le stesse di quegli italiani che possono vantare appoggi e conoscenze nel mondo degli affari e della politica.

La differenza tra noi e gli Americani è tutta in questi due passaggi del discorso presidenziale. Gli Stati Uniti sono una nazione orgogliosa dei propri valori, tradizionali e moderni insieme, pronta a gridarli con voce alta, pronta a difenderli con forza e spirito di sacrificio; l’Italia (e forse gran parte dell’Europa) non crede più nei valori della modernità, li contesta e li sabota, non intende né affermarli né difenderli, piuttosto si schiera a difesa di chi li minaccia. Gli Stati Uniti sono una nazione orgogliosa delle possibilità di uguaglianza che le garanzie di libertà possono consentire a chiunque; l’Italia (e forse parte dell’Europa) ha timore della libertà, non crede in essa e finisce così per rendere difficile, se non impossibile, anche il perseguimento dell’uguaglianza.

Al vertice di queste differenze vi sono le diversità della politica. Là, oltre Oceano, vi è un leader carismatico capace di muovere gli animi e di spingerli a credere e ad agire in nome di valori onesti, misurati ma forti; qui, da questa parte del vasto mare, vi è una classe politica antiquata e incapace di proporre con entusiasmo la fiducia in valori tradizionali, ma ancora potentemente moderni, come la libertà e la possibilità dell’uguaglianza.