martedì 22 ottobre 2013

Arroganze: Barilla contro i gay; i gay contro Barilla

Il “pensiero unico” gay e il rischio di un nuovo conformismo



L’episodio è noto: il 26 settembre scorso Guido Barilla, Presidente dell’omonimo gruppo industriale, durante un’intervista rilasciata ai conduttori della trasmissione La zanzara di Radio 24, ha affermato che non farà “mai uno spot con una famiglia omosessuale”. “Per noi – ha proseguito – il concetto di famiglia sacrale rimane un valore fondamentale dell’azienda”; “la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale”. E ha concluso: “Se ai gay piace la nostra pasta e la comunicazione che facciamo mangeranno la nostra pasta, se non piace faranno a meno di mangiarla e ne mangeranno un'altra” (si veda qui).

Guido Barilla

Non mi impegnerò in una dotta e noiosa confutazione del pensiero di Barilla, operazione già compiuta da altri. Mi limiterò solo ad un paio di osservazioni: innanzitutto il concetto di “famiglia sacrale”, che forse non è mai esistita, è contestabile; inoltre, la seconda parte dell’intervista, dove Barilla afferma che i gay possono fare quel che vogliono “senza disturbare gli altri”, è non solo priva di misura e di educazione, ma soprattutto arrogante per il fastidio nei confronti degli omosessuali che traspare dalle parole. Barilla ha compiuto un autogol dal punto di vista comunicativo, e uno scivolone dal punto di vista dello stile e delle buone maniere. Di più non mi sembra proprio il caso di aggiungere.

Sia ben chiaro: ho sempre sostenuto in modo convinto il diritto degli omosessuali a vivere come preferiscono e ad avere gli stessi diritti degli eterosessuali. Pur ritenendo discutibile la richiesta del movimento gay di poter avere figli (adottandoli o ricorrendo all’ “utero in affitto”), tuttavia non ho motivi solidi da contrapporre e mi rendo conto che se si parifica l’unione omosessuale a quella etero, riconoscendole diritti civili e sostegni socio-economici come se si trattasse di una “famiglia tradizionale”, prima o poi sarà inevitabile consentire ai gay di diventare genitori. Detto questo, ciò che proprio non ho digerito della vicenda Barilla è la reazione conformista che essa ha suscitato in tutto il mondo occidentale.
Uno screenshot Twitter del boicottaggio contro Barilla

Anche in questo caso l’episodio è noto: il mondo gay è insorto gridando all’omofobia; sui social network è stata subito condivisa l’iniziativa avviata in Twitter con l’hashtag #boicottabarilla; Nichi Vendola ha affermato: “il battutismo come quello di Barilla credo strizzi l’occhio ai peggiori stereotipi e pregiudizi che appartengono alla peggiore ‘Italietta’”; Flavio Romani, Presidente di Arcigay, ha rincarato la dose dichiarando che “se per il signor Barilla le famiglie formate da gay e lesbiche non fanno parte della sua tavola, siamo noi a voltargli le spalle e a scegliere altri prodotti, culturalmente più sani e sicuramente più degni di stare sulle tavole degli italiani”; infine Alessandro Zan, deputato di Sel ed esponente del movimento gay, ha sparato il colpo di grazia: “Ecco un altro esempio di omofobia all'italiana. Aderisco al boicottaggio della Barilla e invito gli altri parlamentari […] a fare altrettanto. Io comunque avevo già cambiato marca. La pasta Barilla è di pessima qualità” (per queste dichiarazioni si veda qui).

Nichi Vendola

 Neelie Kroes
Tutto o quasi tutto il mondo della politica, della cultura, dello spettacolo, dell’associazionismo si è scagliato contro Barilla. Rare le eccezioni (e per lo più provenienti da gruppi e partiti di centro-destra o di destra estrema: vedi ancora qui). Su Twitter, nei due giorni successivi all’intervista, si è letteralmente scatenato un linciaggio contro Barilla (vedi ad esempio qui), non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa e oltre Oceano. Neelie Kroes, Vicepresidente della Commissione europea, ha scritto un altezzoso tweet: “signor Barilla, molti dei miei migliori amici compravano la sua pasta”. I giornali inglesi, francesi e tedeschi hanno dato grande rilievo al caso, mostrando i limiti e l’anacronismo della cultura della classe dirigente italiana e approfittandone per assestare una sonora legnata ad uno dei principali esportatori di merci nei loro paesi.
 
Il sito del Guardian sul caso Barilla
Il massacro è stato così ben congegnato che già il 27 mattina Barilla ha dovuto effettuare una rettifica parziale, con questa dichiarazione (vedere ancora qui): “Mi scuso se le mie parole hanno generato fraintendimenti o polemiche, o se hanno urtato la sensibilità di alcune persone. Nell'intervista volevo semplicemente sottolineare la centralità del ruolo della donna all'interno della famiglia […]il massimo rispetto per qualunque persona, senza distinzione alcuna […] il massimo rispetto per i gay e per la libertà di espressione di chiunque”. Ha poi concluso con una frase che suona come una vera e propria marcia indietro, sicuramente imposta da ragioni economiche più che etiche o culturali: “Barilla nelle sue pubblicità rappresenta la famiglia perché questa accoglie chiunque, e da sempre si identifica con la nostra marca”. Accoglie chiunque, anche i gay, quindi.
 
Altro screenshot Twitter contro Barilla
Il linciaggio globale mi è sembrato un vero e proprio esempio di tirannia della maggioranza che diventa virale grazie al conformismo di Twitter e di Facebook: i social network, anche in questo caso, hanno mostrato il loro lato peggiore, ovvero la capacità di esaltare la naturale tendenza degli uomini ad adeguarsi alle opinioni più diffuse. In altre parole, hanno dimostrato ancora una volta di essere strumenti e veicoli di conformismo di massa, se utilizzati senza intelligenza. Alla base del linciaggio contro Barilla, infatti, c’è un’opinione comune globale che sta diventando “pensiero unico”.

Se intorno alla metà del secolo XX l’omosessualità era considerata una perversione morale, oppure una malattia mentale, dalla maggioranza della popolazione occidentale, oggi la retorica pubblica ha imposto uno stereotipo del tutto opposto. Essere gay, per l’opinione pubblica, è considerato oggi una scelta, un’opzione esistenziale che si esercita in assoluta libertà e con piena consapevolezza. La scelta omosex rientrerebbe, quindi, all’interno di quelle decisioni etiche relative alla vita (come il divorzio, l’aborto, l’inseminazione artificiale, l’eutanasia; ma anche le scelte politiche e religiose) che competono alla coscienza individuale, non all’autorità (del potere, della Chiesa, della tradizione). La coscienza del singolo uomo ha, secondo questo punto di vista, piena disponibilità della vita, del corpo e della mente (in una parola dell’essere) dell’individuo a cui appartiene; nessuno ha il potere di interferire con la coscienza per spingerla a comportarsi in modo contrario alle sue deliberazioni. Secondo alcuni esponenti del movimento LGBT (Lesbo, Gay, Bisex, Transex) anche le scelte bi- e transex (o, meglio, transgender) rientrerebbero in questa disponibilità assoluta dell’essere attribuita alla coscienza individuale.




Il punto importante per capire la vicenda Barilla è proprio qui, nell’affermazione del diritto assoluto a scegliere, nella convinzione che in questioni di sesso ci si debba comportare come nelle questioni di religione, ovvero: chi abbia ragione non si sa, ma ognuno è libero di scegliere come la propria coscienza gli dice, senza condizionamenti di alcun tipo. Bene, se le cose stanno così, essere etero o gay non è necessità di natura né obbligo sociale, ma, appunto, opzione; opzione anche condividere le scelte di chi diventa gay, fermo restando che occorre rispettarle anche se le si avversa. Rientra nella piena disponibilità della coscienza, quindi, decidere se opporsi sia privatamente che pubblicamente ad una scelta che non si condivide, con l’unico limite di non impedire agli altri di scegliere a loro volta ciò che vogliono.

Per queste ragioni, dedotte dagli stessi assiomi condivisi dal movimento gay, Barilla ha piena libertà di scegliere se pubblicizzare una famiglia omosessuale o una tradizionale: la sua scelta è libera, come quella di chi la pensa in modo opposto a lui. Non dovrebbe usare un linguaggio sprezzante e arrogante contro i gay, ma la sua libertà di opzione deve restare sacrosanta per chiunque creda davvero nella libertà di opinione. Liberi di non frequentare casa sua (e di non mangiare la sua pasta), i gay e i sostenitori del movimento LGBT.
 
Franco Grillini
Invitare il mondo intero a boicottare i prodotti della sua industria è invece un atto di intimidazione, un ricatto che, con la pressione di milioni di clienti, intende imporre all’incauto Presidente un’opinione che egli non condivide: minacciando di arrecargli un danno economico, i boicottatori hanno intimato a Barilla di ritrattare. Franco Grillini, Presidente di Gaynet Italia, lo ha detto esplicitamente: “in molti paesi come gli Usa le campagne per il 'boicot' hanno avuto un enorme successo […] consiglieremmo al signor Guido una rapida marcia indietro se non vuole guai seri all'estero. In ogni caso facciamo appello agli altri produttori di pasta a prendere le distanze dalle infelici dichiarazioni del signor Barilla” (vedi qui). Invito colto al volo dai concorrenti rivali, come ad esempio Buitoni.



Desta impressione la capacità di mobilitazione planetaria del movimento gay. La vicenda ha rivelato che ormai esiste un pensiero unico sull’omosessualità che va via via imponendosi con la forza di una lobby organizzata. Non solo: esso impone ciò che si deve dire e pensare circa le scelte sessuali, sia dei gay sia degli etero. Il monopolio delle valutazioni su questo ambito è completamente nelle mani di tale lobby. Finché il movimento gay si è battuto per affermare la propria facoltà di scelta contro il volere della maggioranza, la sua forza ha avuto il compito di difendere la libertà delle minoranze; ma nel momento in cui riesce a zittire, con l’intimidazione, chi non la pensa come i suoi sostenitori, è esso stesso a minacciare la libertà di espressione. Ieri erano i Barilla a formare la maggioranza dispotica, mentre i gay erano la minoranza oppressa; oggi è l’opposto: oggi non si può più contestare il movimento LGBT, neppure in sede di discussione filosofica, perché si rischia l’accusa di omofobia. Non solo: non è neppure possibile, per un personaggio pubblico, esprimere la propria preferenza eterosessuale, perché, come minimo, gli viene riservato un linciaggio mediatico. Sarebbe questo l'esito della libertà di espressione conquistata dai gay?